Lenticchie, nocciole, aglio e tartufo bianco

L’idea per un lavoro sulla lenticchia ce l’avevo da un anno: mi è venuta dopo aver assaggiato un grande piatto di Ducasse al Plaza Athénée, con lenticchie, caviale e gelatina di crostacei. E a ben guardare avevo cominciato a ragionarci già qualche mese prima, davanti a una grande terrina di lenticchie che sembrava quasi di lepre, a Firenze. Ho sempre lavorato tanto sui legumi, e sulla lenticchia in particolare: sono elementi di territorio, sufficientemente poveri e abbondanti qui in Abruzzo. Per questa nuova ricetta però sapevo di non voler tornare alla classica zuppa. La preparazione di un menù a base di legumi per un evento speciale mi ha fornito pretesto e occasione per sviluppare l’idea: a volte per fare qualcosa di nuovo serve calma, a volte lavorare sotto scadenza aiuta a “chiudere” il concetto.
Così è nato “Lenticchie, nocciole, aglio e tartufo bianco“.

Ecco il procedimento: cuociamo le lenticchie in acqua, con l’aggiunta del tradizionale corredo di cipolle, sedano e carota e di un mazzetto guarnito, in forno vapore a 100°C per 40 minuti. Riserviamo il liquido di cottura e mettiamo da parte le lenticchie. Nel frattempo prepariamo un brodo concentrato con acqua e i medesimi odori di prima, e in più aggiungiamo aglio. Dividiamo il brodo in due parti: la prima la addensiamo con aggiunta di porcini secchi che polverizziamo al momento, fino a ottenere una gelatina; l’altra metà sarà impiegata per “lucidare” le lenticchie al momento di impiattare.

Ultimi passaggi: preparo un olio aromatizzato all’aglio, molto saporito, e una mousse di nocciola usando l’acqua di cottura delle lenticchie riservata, con aggiunta di salvia. Monto il piatto con la gelatina alla base, vegetale e profumata di bosco, poi uno strato di mousse di nocciola – ecco quindi due temperature basse, intorno ai 12/14ºC, e due strutture diverse tra loro. Chiudo “a tappo” con le lenticchie calde, che avrò lucidato appena prima, immergendole nel brodo. Condisco con estratto di maggiorana, olio all’aglio e lamelle di tartufo bianco.

È il secondo mio piatto (l’altro è il Gel di Vitello) dove il tartufo è fondamentale nell’accordo dei sapori ma non protagonista: nel Gel è tartufo nero, qui si tratta di tartufo bianco, quindi con un aroma ancor più penetrante. Incredibilmente in entrambi i casi il tartufo funziona in sinergia con gli altri elementi per dare equilibrio, ma senza coprire.

È un piatto 100% vegetale, una soluzione verso la quale gravito regolarmente: trovo il vegetale sorprendente, per struttura e gusto, e trovo che incorpori due caratteristiche – sintesi e onestà – che sempre più cerco in cucina. In “Lenticchie, nocciole, aglio e tartufo bianco” la componente gelatinosa si liquefà in bocca, poi c’è la struttura avvolgente della mousse di nocciola e infine la lenticchia e il tartufo, che per contrasto si avvertono come pastosi e croccanti, e che riassumono in sé i sapori dei primi due strati, aggiungendo una nota quasi affumicata. I primi due strati sono freddi, la lenticchia è calda, il tartufo a temperatura ambiente, ma si mangia tutto insieme e questo – insieme alla differenza tra le strutture – influenza transito e percezione al palato. È un piatto che per aromi e colori richiama la terra, particolarmente quella sorta di tundra che ricopre i nostri altopiani d’inverno.

Dell’importanza di struttura e temperatura nella costruzione di un piatto vorrei scrivere con calma: per ora chiudo dicendo che questa nuova ricetta non reggerebbe con una lenticchia diversa da quella che uso. Negli anni ho sempre ordinato lenticchie della zona di Santo Stefano di Sessanio, perché mi assicurano tenuta e carattere, ma senza prevaricare (attualmente utilizzo quelle dell’azienda agricola “Sapori di campagna“, di Ofena).

“Lenticchie, nocciole, aglio e tartufo bianco” è in carta da pochi giorni, ma come capita a tutti i miei piatti so che continuerà a cambiare e che ci rimetterò mano finché non sarò pienamente soddisfatto – una condizione che raggiungo a fatica.