Dieci lezioni di cucina

Giunti Editore ha da poco pubblicato la seconda edizione di “Dieci lezioni di cucina”, un’edizione rinnovata nel formato, nei materiali e nella grafica. Per l’occasione abbiamo aggiunto una postfazione con alcune riflessioni sul significato di questo piccolo (oggi un po’ meno piccolo!) libro: le condivido qui con voi.

«Qualche giorno fa ho aperto l’introduzione alla prima edizione di questo mio libro e l’attacco mi ha fatto sorridere: “Ieri notte ho letto tanto sul calamaro e ho rifatto tutto”. Mi capita ancora di star sveglio la notte, di pensare ai piatti quando dormo, mentre sogno: lavoro in immersione, per ossessione. Quando ho scritto quella frase non immaginavo quanta strada avrebbe fatto questo piccolo libro, quanta gente avrebbe raggiunto. E non immaginavo l’effetto che avrebbe avuto su di me e sul mio lavoro.

Sono passati tre anni: pochi in senso assoluto, tanti se rifletto sul percorso che hanno segnato. Tre anni fa mi dedicavo a Casadonna, al Reale, alla Niko Romito Formazione. Spazio esisteva a Rivisondoli e aveva appena aperto a Roma: mi sembrava di fare già tanto, di non aver tempo per niente. Eppure la mente non si fermava e continuavo a sognare. “Ma chi le farà tutte queste nuove cose che immagino?”, mi domandavo. Mia sorella Cristiana e i miei ragazzi ridevano quando me lo sentivano dire perché ormai mi conoscono e sanno che me lo chiedo sempre ma il dubbio non basta a fermarmi.

Dopo il 2014 mi sono dedicato allo sviluppo di format di ristorazione, un concetto che mi appassiona perché incrocia ricerca sul cibo, valore imprenditoriale e il contatto con un pubblico sempre più vasto. Spazio, il nostro primo format, ha aperto anche a Milano e ha trovato una nuova, grande casa a Roma. Presto lo porteremo all’estero. Poi è stata la volta di Intelligenza Nutrizionale, in partnership con GioService, società del gruppo Giomi S.p.A. e l’Università La Sapienza di Roma, e del concept di cucina italiana per il mondo sviluppato con Bulgari. C’è un grande progetto legato al format Bomba, ispirato all’esperienza da pasticcere di mio padre Antonio. E c’è un fronte aperto sul pane.

Corro sul Sangro, ogni tanto mi lamento della stanchezza e dichiaro di sentirmi prossimo alla pensione. Cristiana ride. Non ci crede nessuno.

 

Video di Laura Lazzaroni

Il centro di questo sistema diffuso è sempre il Reale, è Casadonna. Qui dopo il 2014 abbiamo costruito moderni laboratori dove mettiamo a punto ogni nostro progetto. Ho scelto di accentrare tutto a Castel di Sangro per due motivi: primo, perché mi permette di essere presente al ristorante praticamente sempre, e per me questo è fondamentale; secondo, perché tutti i nostri progetti sono collegati e discendono dal lavoro di ricerca del Reale. Un lavoro di ricerca che forse sarebbe stato meno forte, meno consapevole se non avessi prima scritto Dieci lezioni di cucina.

Con questo libro molto è cambiato per me. In queste pagine ho codificato per la prima volta la cucina del Reale. Cosa significa “codificare”? Significa ragionare su ciò che si fa, trovare un senso e le parole esatte per trasmetterlo. Lo scopo non è essere pedanti o, peggio, dogmatici. Lo scopo è avvicinare al cibo, ai meccanismi a volte misteriosi della mente di un cuoco. Dico spesso che i miei piatti sono concepiti in modo tale da poter essere compresi e apprezzati anche a un livello intuitivo, e sarà sempre così. Ma dietro a quei piatti c’è un lavoro immenso e credo che farlo comprendere rappresenti un valore aggiunto, che migliora l’esperienza del boccone. Lo dimostra il fatto che molti clienti oggi vengono a trovarmi dopo aver letto il libro, e ne discutiamo insieme, in cucina.

Eppure penso che la codifica sia un processo fondamentale soprattutto per il cuoco, forse più per lui che per il cliente. Ragionare su ciò che si fa, ragionare sulle parole per descriverlo, sceglierle con la stessa attenzione (ossessione) con cui si sceglie una tecnica o un ingrediente piuttosto di un altro: questa è la chiave. È un esercizio di comunicazione fondamentale che nulla toglie all’istinto, ma che fa uscire il cuoco dall’isolamento, mettendolo in relazione dialettica con il mondo. Non possiamo più permetterci di lavorare in isolamento. Possiamo mantenere un profilo basso, ma dobbiamo trasmettere valori, concetti, perché il nostro mestiere (non parlo di alta cucina, parlo del sistema cibo) impatta sulla vita di molti.

L’esercizio di codifica fa parte di una sorta di autoanalisi che per me è stata necessaria. E quindi, ecco: le parole. “Semplicità”, “stratificazione”, “assoluto”, “complessità ma non complicazione”: termini che ormai mi segnano, mi rappresentano. E le domande: perché quel tempo, quella temperatura, quella consistenza? Perché questa vita? Sono circondato da giovani, e queste domande sono le loro, me le hanno fatte negli anni e continuano a farmele. Nella prima introduzione a questo libro ho scritto che la voglia di spiegare me l’avevano fatta nascere i ragazzi della scuola, ed è la verità. Mi hanno spinto a comprendermi meglio e se oggi sono un cuoco migliore dunque lo devo a quei ragazzi – a tutti i giovani cuochi che incontro – e alla loro curiosità.

La formazione è un tassello cruciale del nostro lavoro e non a caso se ne parla sempre di più. Alla Niko Romito Formazione abbiamo cominciato a ricevere tante domande dall’estero e stiamo sviluppando un programma di studi in inglese, per permettere anche a chi arriva da molto lontano di studiare e lavorare con noi. Al pensiero che Casadonna diventi un campus dove si parlano tante lingue diverse mi commuovo, e non mi vergogno a dirlo. Parliamo di un piccolo paese, di una regione trascurata. Pensate che forza la cucina, la cultura del cibo!

Non tutti i cuochi hanno la fortuna di diventare famosi, ma tutti, in un modo o nell’altro, dall’alto al basso, sono destinati alla responsabilità del nutrimento. A quei cuochi raccomando di studiare, la materia e se stessi. E di scegliere con cura le parole.»

Casadonna, luglio 2017