Spazio Roma: il modello e l’offerta gastronomica

Spazio è cresciuto: crescono i ragazzi della mia scuola di formazione che si fanno le ossa ai suoi fornelli, cresco io che in un certo senso mi ritrovo nella sua rotta di navigazione (da Rivisondoli al mondo, ricordando sempre che tutto parte dall’Abruzzo e lì deve tornare) e cresce l’idea di una nuova cucina italiana accessibile ai grandi numeri, dove attraverso la tecnica si mette a fuoco il gusto vero, pensando a far star bene. L’ultimo nato nella famiglia di Spazio si trova a Roma: un locale grande e multifunzionale, con qualche importante novità rispetto alla formula originale. Per raccontarlo ho pensato a una piccola dispensa, che qui trovate sia in versione da classico Laboratorio Reale che in versione “book”, da sfogliare, scaricare e conservare.

Buona lettura, vi aspettiamo da Spazio,
Niko Romito

Le origini di Spazio

Quando nel 2013 ho deciso di aprire il primo Spazio, quello che poi abbiamo scherzosamente soprannominato “Spazio 0”, a Rivisondoli, sono partito da una considerazione più pratica che filosofica: avevamo su Viale Regina Elena dei locali vuoti, quelli in cui il Reale era cresciuto fino alla seconda stella Michelin, e bisognava trovargli una destinazione, un senso. Insieme a Gaia Giordano, che fin dall’inizio è stata responsabile di questo progetto, abbiamo pensato ai ragazzi diplomati dai primi corsi della Niko Romito Formazione, la scuola che era nata insieme a Casadonna appena due anni prima, nel 2011.

Formare risorse umane è la mia passione ma non basta: i giovani cuochi, una volta diplomati, hanno bisogno di lavorare e io non li posso assorbire tutti al Reale. Così il 5 agosto del 2013 a Rivisondoli abbiamo inaugurato un luogo («Questo non è un ristorante, è un laboratorio!», ho detto all’inizio) dove la loro energia acerba potesse trovare sfogo e “spazio”, appunto, dove potessero far pratica a completamento della formazione, preparandosi così all’ingresso nel mondo del lavoro. Molti vengono assunti proprio da Spazio e lì percepiscono il loro primo stipendio da professionisti. L’approccio al piatto di Spazio è quello che insegniamo a Scuola e discende dai princìpi del Reale, tarati naturalmente su un tipo di esperienza più informale. Studio maniacale della materia prima, consapevolezza della tradizione, abruzzese e italiana, precisa conoscenza tecnico-scientifica. Andare in profondità finché non viene naturale alleggerire e semplificare: ripeto spesso che a unire Reale, Scuola e Spazio c’è un sistema di vasi comunicanti, e questo vale per tutti i miei progetti. Le idee marciano sempre in entrambi i sensi, dall’alto al basso e viceversa, e questo ci mantiene vivaci e produttivi.

Poco dopo aver aperto a Rivisondoli quello che ancora oggi resta un ristorante stagionale, attivo solo quando i flussi del turismo lo rendono sostenibile, abbiamo inaugurato un primo Spazio a Roma, dentro a Eataly Ostiense. E poi abbiamo aperto un secondo punto, a Milano, al terzo piano del Mercato del Duomo di Autogrill. Mentre il format di Spazio cresceva e si evolveva, cresceva anche l’urgenza di raccontarlo bene al pubblico: così ci siamo misurati con i limiti delle parole. Facciamo una cucina rassicurante di livello alto, eppure mi blocco quando devo usare una parola sola per descriverla. Cos’è Spazio? Un bistro? Una neo-trattoria?  Non mi piace l’idea di usare un termine di origine francese per descrivere un format di ristorazione italiana, ma “trattoria” non ne rispecchia il posizionamento e “neo-trattoria” mi sembra più adatto a descrivere un ristorante che fa sì un lavoro di aggiornamento dei codici della nostra cucina, con canoni di servizio contemporanei (come anche Spazio), ma senza discostarsi troppo da una componente regionale, iper-locale. Non ho ancora trovato un termine che mi soddisfi e per ora mi accontento di dire che Spazio è un format di “ristorazione di mezzo” o, quando voglio essere spiritoso, dico che Spazio sta al Reale come il prêt-à-porter all’alta moda. Forse non è necessario appiccicargli un’etichetta.

Quel che è certo è che la nuova ristorazione di mezzo è interessante e ha successo per tre motivi: è slegata da codici fissi e pertanto si può permettere modelli anche molto vari; è sempre più in mano a chef di notevole talento e preparazione (questa è la novità degli ultimi anni: la ristorazione di mezzo di per sé non è nuova); piace molto al grande pubblico. Quest’ultimo punto ne determina la vera forza: la ristorazione di mezzo è per il cuoco il modo più efficace per avvicinare grandissimi numeri alle proprie idee e ai propri valori. Molte persone sono arrivate al Reale passando da Spazio: funziona come una prima linea di accesso al mio sistema.

Spazio all’evoluzione

Quando abbiamo aperto “Spazio 0” ci siamo impegnati a mettere i ragazzi in prima linea su tutto, creando un’esperienza totalmente responsabilizzante. Uno dei presupposti era che fossero i giovani cuochi stessi a raccontare i piatti, uscendo dalla cucina e interagendo con i clienti, con la supervisione di un responsabile di sala. A Rivisondoli è ancora così perché le dimensioni ridotte e una clientela più familiare (i clienti sono quasi tutti amici, e tornano anno dopo anno) rendono questa formula sostenibile. A Roma, dopo una prima prova, abbiamo scelto di non replicarla e a Milano non l’abbiamo mai proposta. Inaugurando a Roma e Milano, la formula di Spazio si è lentamente ma inevitabilmente evoluta. Con la moltiplicazione delle aperture (e in prospettiva di quelle che ci aspettano) è stato naturale centralizzare lo sviluppo dei menù nei laboratori di Casadonna (un po’ come abbiamo fatto per il progetto con Bulgari Hotels & Resorts), in modo da creare un linguaggio comune e standardizzare i protocolli. I piatti nascono qui, dal confronto con Gaia, e poi arrivano nelle cucine di Spazio dove sono ulteriormente calibrati e trasmessi ai ragazzi, che li fanno propri.

Oggi in cucina da Spazio ci sono ancora i diplomati della Niko Romito Formazione, insieme ad altri cuochi professionisti, ma l’offerta nel tempo si è riposizionata verso l’alto: ha sempre i contorni di una ristorazione che si può considerare “di mezzo” per fascia di prezzo e tipologia di carta dei vini, ma è estremamente curata, a tratti ricercata, sia nella sostanza e filosofia del menù sia nel profilo di servizio. Spazio è fresco ma tecnico, accessibile ma strutturato. La gioia e il piacere sono sempre il nostro obiettivo, ma c’è una maggiore consapevolezza in tutto.

Spazio è nato con la Scuola e l’obiettivo è ancora valorizzarne le risorse, ma non siamo alle prime armi. Questa crescita si riflette nel nome: se Rivisondoli resterà sempre “Spazio: un progetto della Niko Romito Formazione”, gli altri punti saranno semplicemente “Spazio di Niko Romito”. C’è anche un nuovo logo: eliminate le parentesi, che ci facevano sentire un po’ costretti in uno “spazio finito”, abbiamo optato per un carattere molto semplice, perché noi lo siamo di natura, un carattere che nonostante la solidità “respira” con un gioco di spacchi laterali, e fa intravedere un’altra dimensione oltre il piano.

Spazio globale

L’incontro con la società Italia Cibum SpA, realtà dinamica che realizza progetti finalizzati a esportare e promuovere l’eccellenza enogastronomica italiana nel mondo, ha reso possibile valorizzare ulteriormente il format Spazio, nell’ottica di uno sviluppo sui mercati internazionali. Attraverso un’operazione finanziaria che ha visto Banca Profilo in qualità di advisor è stato messo a punto un business model con caratteristiche uniche, che prevede la realizzazione di 8 ristoranti in 5 anni, a fronte di un investimento di circa 20 milioni di euro: un programma ambizioso, che promuove la crescita di un modello imprenditoriale innovativo dedicato alla cucina di qualità, nel mondo.

Sarà il vero banco di prova per il format Spazio – un format può definirsi tale solo se ha proliferato – e un’occasione per misurarsi con un pubblico non italiano: fatto non da poco, che metterà alla prova la forza comunicativa e anche seduttiva dei nostri piatti. L’obiettivo sarà “far toccare con mano” il lato bello, buono e moderno della nostra cucina, senza spiegare troppo. Come ho detto anche quando ho lanciato la collaborazione con Bulgari – che naturalmente si colloca in un segmento diverso, di lusso – esportare il nostro modo di intendere i sapori e il rituale del cibo, creando un linguaggio forte e riconoscibile, è il mio pallino, sia a livello di fine dining che di ristorazione di mezzo. E quest’ultima è la sfida di Spazio. Ma di questo avremo tutto il tempo di occuparci nei prossimi anni. Per ora si comincia con la prima nuova apertura, che è ancora in territorio italiano, a Roma.

Uno Spazio multifunzionale a Roma

Spazio Roma ha aperto in zona Pinciano/Parioli, all’angolo tra Piazza Verdi e Via Guido d’Arezzo, a pochi metri dallo storico palazzo del Poligrafico e della Zecca dello Stato. Questa è una zona che conosco bene, perché ci abitavo negli anni in cui frequentavo il liceo e l’università. Qui abbiamo ristrutturato 450 metri quadri, distribuiti su 2 livelli, per un totale di circa 70 coperti. Dalla strada, attraversando un grande cancello di ferro, si accede alla sala principale, che abbiamo costruito ex novo: una grande veranda luminosa, con una copertura integrale in vetro e ferro, affacciata su una macchia di palme e oleandri, e circondata da una cornice di palazzi residenziali in stile umbertino.

Il pavimento della sala è in cementine di recupero identiche a quelle delle nuove stanze di Casadonna: per me è importante la continuità tra i progetti, e questo vale tanto per i concetti gastronomici quanto per i materiali. Il progetto degli interni, firmato dallo Studio Triplan, riprende i motivi tradizionali di Spazio, come le tavole di legno antico, il cemento, il ferro, e il mix di arredi vintage e moderni, dalla Thonet ai tavolini industriali, con alcuni pezzi da collezione come i tavoli Tulip di Saarinen e le sedie Leggera di Giò Ponti. È interessante anche la modulazione delle luci, una combinazione di lampade e faretti (di Davide Groppi, Erco, Henge, tra gli altri) che cambiano di ambiente in ambiente, adattandosi alle diverse anime di questo luogo.

Salendo pochi scalini dalla veranda si arriva al piano rialzato, dove il ristorante continua con una balconata affacciata sulla veranda e con la sala della cucina.  Abbiamo progettato una cucina grande e completamente a vista con un bancone dove mangiare osservando la brigata all’opera. Tutto intorno corre uno spazio dinamico, con tavoli comodi (compreso un tavolo sociale) e mensole pensate per mangiare un piatto al volo, o da appoggio. Mai come in questo caso Spazio è stato flessibile: vogliamo poter rispondere agilmente al costante mutare delle modalità di fruizione dell’esperienza gastronomica. Nel seminterrato abbiamo allestito grandi laboratori per la pasticceria e la produzione di basi e semilavorati: funzionano quasi tutto il giorno, come le cucine di un albergo.

Questo è il ristorante vero e proprio, con un’offerta gastronomica quasi totalmente allineata a quella degli altri Spazio: i menù delle diverse location sono quasi identici, con qualche variazione imposta dal territorio. Ma non finisce qui. Un corridoio collega il ristorante a una seconda zona che abbiamo chiamato “Spazio Pane e Caffè”. È questa la vera novità di Spazio Roma, perché introduce un nuovo marchio e un diverso modello ristorativo.

PANE®

Spazio Pane e Caffè rappresenta una realtà integrata ma autonoma dentro a Spazio Roma: vi si potrà accedere direttamente dal ristorante oppure dalla strada, con ingresso indipendente.

Qui per la prima volta ha debuttato “PANE“, ovvero il marchio che a partire da quest’anno raccoglie sotto di sé la ricerca e sviluppo sui nostri lievitati, la produzione di pane su larga scala, e una linea di cucina che rimanda alla mia filosofia ma con un’impostazione inedita. Il quartier generale di Pane è a Castel di Sangro, in una struttura di 550 metri quadri a poche centinaia di metri da Casadonna dove abbiamo allestito moderni laboratori oltre a una zona da destinare alla vendita al dettaglio e alla ristorazione. Pane produrrà una media di mille pagnotte al giorno: rifornirà tutti i ristoranti del mio gruppo – con l’eccezione del Reale che farà sempre capo al proprio laboratorio interno – e anche un gruppo selezionato di ristoranti italiani. Abbiamo in programma l’apertura di altri punti vendita e ristoro a marchio PANE: a Roma abbiamo deciso di sposarlo al format di Spazio ma PANE è un concept che vive di vita propria, con un’identità e un’idea di cucina tutta sua.

PANE è il naturale completamento della ricerca che da anni portiamo avanti sulle farine, come quelle di vecchie varietà di grano autoctono, sugli impasti a elevata idratazione e le lunghe lievitazioni, un percorso che non è solo tecnico ma anche culturale, come dimostra la decisione di servire il pane come portata nel menù degustazione del Reale. Copriremo inizialmente il circuito Horeca in Italia, ma credo che in un secondo tempo, sempre sfruttando la catena del freddo, riusciremo ad arrivare persino alla grande distribuzione, e forse anche all’estero. A Castel di Sangro faremo anche formazione, insegnando la nostra filosofia di panificazione e la gestione corretta del prodotto a chi deciderà di acquistarlo e servirlo.

Spazio Pane e Caffè: l’offerta gastronomica

Spazio Pane e Caffè a Roma è un locale veloce, divertente, informale, da vivere tutto il giorno, dalle 7:30 alle 23.

L’offerta gastronomica è divisa in tre momenti:
– caffè
– la mia versione di tavola calda e fredda, incentrata sui lievitati
– rivendita di pane di nostra produzione

Gli interni sono stati progettati in continuità con quelli del ristorante, ma con dettagli che denotano una personalità distinta, come le lampade in ceramica a finitura grezza e le plafoniere industriali in ottone brunito. Un cubo di legno e vetro, visibile anche dalla strada, ospita il laboratorio/cucina, a vista. Ci sono 8 tavoli e un bancone centrale di marmo bianco e ottone dove sedersi a mangiare oppure ordinare specialità da asporto: il retro banco è dominato dal bar e da file ordinate di forme di pane intere, pronte per essere portate a casa.

Due i momenti principali: una colazione servita dalle 7:30 alle 11 e un menù unico che copre pranzo, merenda, aperitivo e cena, dal quale scegliere uno o più piatti secondo l’inclinazione del momento.

La colazione – chi ha provato quella di Casadonna lo sa – mi piace da pazzi, forse perché rimanda all’esperienza di mio papà Antonio, che faceva il pasticcere. Mi piace anche il concetto di ragionare su cosa significhi “far colazione” al bar per un italiano. Da Spazio Pane e Caffè si comincia la giornata con un buon espresso (noi serviamo lo Special Blend che ho sviluppato in partnership con Illy) e una selezione particolare di succhi di frutta, preparati tutti i giorni solo con frutta di stagione e il 7% di zucchero, e serviti in brocca, come facciamo a Casadonna. Brioche vuote e ripiene, fette biscottate con il miele del nostro apiario, prodotto da Andrea Paternoster, ferratelle tipiche abruzzesi, biscotti secchi, crostatine, maritozzi: facciamo tutto sul posto. C’è anche il ciambellone, ricetta speciale di mia mamma Giovanna.

Dalle 11 in poi serviamo un menù unico dove ho voluto mettere due punti fermi: il primo è il nostro Pane, che è un po’ l’attore protagonista, il cardine. Serviamo due tipologie, le stesse che produciamo a Casadonna: pane di Solina e Saragolla, due vecchie varietà di grano, rispettivamente tenero e duro, diffuse dalle Marche all’Abruzzo e Sicilia, con proprietà nutrizionali uniche e un profumo incredibile; e pane bianco con patate, come si faceva e ancora si fa nelle campagne, perché l’aggiunta di patate mantiene l’impasto umido e gustoso più a lungo.

Il secondo punto fermo di Spazio Pane e Caffè è la libertà di fruizione: non intendiamo creare percorsi obbligati, desideriamo dare a ciascuno la possibilità di costruirsi la propria esperienza, senza limiti di portata o di orario. Concetto “diner” americano o, per dirla a modo nostro, concetto “tavola calda e fredda”, ma evoluta, con preparazioni espresse. La cucina è semplice, con una forte connotazione regionale (Centro-Sud soprattutto), piatti a tratti rustici con qualche punta più ricercata, perché una delle prerogative della nostra cultura alimentare è anche questa, saper mischiare bene “alto” e “basso”.

Si parte con la “fetta condita”, una fetta del nostro Pane, preparata con uova strapazzate, con miele e ricotta, con la crema spalmabile di nocciola di Casadonna (disponibili a colazione, insieme all’uovo in camicia con il guanciale), o con ragù, baccalà mantecato, culatello di Paganica. La fetta di pane si può ordinare anche con una serie di “intingoli”, che mi piacciono molto perché sono “fondi” all’italiana in cui è concentrata l’essenza della nostra cucina, e che ho approfondito anche per il progetto Bulgari. Prepariamo 5-6 di questi sughetti facendo ridurre gli umori di cottura di carni, pesci e vegetali. Sono un concentrato di sapore che arriva dritto, senza aggiunta di grassi inutili, tutt’al più olio d’oliva oppure vino, brodo, e aromi. A rotazione avremo intingoli alla puttanesca, alla marinara, alla cacciatora, di arrosto, di cozze sauté, di calamaro in padella, di pollo.

Continuando con i lievitati abbiamo una linea di toast (con il nostro Pane in cassetta), panini e focacce rotonde condite. È difficile fare un toast davvero grande, eppure è fondamentale nel menù di un locale veloce: ecco quindi la mia versione del toast cotto e formaggio e le varianti sul tema. Alla voce panini il mio preferito è forse quello con capocollo, lattuga e salsa di senape. Le focacce rotonde sono internamente soffici e fragranti in superficie; un paio di esempi: patate, scamorza e rosmarino e pomodoro, parmigiano, limone e basilico.

Il Pane rappresenta il focus del menù, ma non è tutto. C’è una sezione piccola ma curata di primi e secondi: zuppe/brodi (cicoria, uova e pecorino, oppure il minestrone costruito sulla base dell’“Assoluto” di cipolla, sedano e carota), polpette al sugo, baccalà tiepido con patate, olive e rosmarino. E poi i marinati (alici al vino bianco e prezzemolo, manzo alle erbe). Abbiamo una selezione di contorni all’italiana (come cime di rapa, aglio e peperoncino oppure cavolfiore in bagna cauda), di salumi e formaggi, di insalate “da meditazione” (una giardiniera tiepida e una con barbabietola, patate, aceto balsamico e olio agrumato).

Non poteva mancare la rosticceria: le nostre chips spruzzate con aceto al rosmarino di Andrea Paternoster e qualche crocchetta, perfette per l’aperitivo, magari accompagnate da un grande piatto di ostriche. Per la carta del bar abbiamo lavorato su un piccolo gruppo di classici rivisitati, con un profilo soprattutto mediterraneo (l’obiettivo è farli bene, senza pretese avanguardiste o enciclopediche), e su una serie di signature cocktails ispirati ai miei progetti, con grande focus sugli estratti vegetali, le spezie, gli infusi. Per la bottigliera abbiamo voluto pochi distillati ma di ricerca. La carta dei vini è frutto di una riflessione sulle realtà piccole e belle, vini che parlano di persone, con un perché, accompagnati da un nucleo di etichette storiche e da qualche champagne interessante, mentre gli amanti della birra troveranno una selezione di produzioni artigianali locali.

Se Spazio ristorante è funzionante negli orari canonici di pranzo e cena, per rispettare i tempi di produzione di una cucina più strutturata, Spazio Pane e Caffè è il luogo dove chi si alza tardi può pensare di pranzare con una zuppa e un toast alle 4 del pomeriggio, dove trovare un piatto di uova strapazzate con un Bloody Mary alle 6 di sera, dove portare i bambini a far merenda, dove bere un grande brodo con una fetta di pane al ragù o abbinare una lasagna a un contorno della tradizione, dove levarsi lo sfizio della grande rosticceria con un’insalata e un buon bicchiere di vino o una bollicina. A ciascuno il suo.

Pane da asporto

Spazio Pane e Caffè è anche il primo punto vendita al dettaglio di Pane da asporto. Le nostre forme da 800-900 gr sono prodotte tutti i giorni in Abruzzo secondo la nostra ricetta tradizionale, impiegando solo lievito madre, acqua, sale e farina, poi abbattute: così mantengono intatte le loro caratteristiche originali, fino ad arrivare a Roma. Nel pane ci piace la crosta croccante, tostata al palato, la mollica umida e cremosa, con un’acidità persistente che fa brillare i mille aromi sprigionati in cottura e stimola la salivazione. Un pane goloso e digeribile, con una sua personalità, riconoscibile. Per questo lavoriamo da anni sugli impasti, soprattutto farine, tempi e temperature di lievitazione. Aggiungiamo tanta acqua, e spingiamo a lungo la fermentazione, che in parte avviene al freddo.

Selezioniamo le farine in base allo standard produttivo e alle proprietà nutrizionali e organolettiche. Usiamo una mescola di Solina e Saragolla, ovvero due vecchie varietà di grano, rispettivamente tenero e duro, tipiche delle mie parti: queste farine non aggrediscono l’organismo, in virtù del loro glutine più debole, sono ricche di nutrienti e sono in più profumatissime. Le usiamo da anni al Reale per il nostro pane: difficile spingere le lievitazioni e ottenere molliche molto alveolate con queste farine, per questo servono tecnica e prove continue e anche pazienza. Il pane è un prodotto vivo e anch’io che amo la standardizzazione devo ammettere che non è sempre possibile prevederne il comportamento. Ma questo è il suo bello.

In vendita oltre al Pane di Solina e Saragolla trovate anche il Pane bianco di farina tipo 0 con patate: per questo pane usiamo un grano moderno di grande qualità, che grazie soprattutto all’impiego di lievito madre e alla lunghissima lievitazione sviluppa un aroma avvolgente, e notevole digeribilità. Grandi pezzature, forme da 800-900 gr che preferiamo proporre intere, per facilitarne la conservazione (il grande formato contiene in proporzione più mollica e di conseguenza intrappola più umidità interna). 100 forme al giorno sono prenotabili: è sufficiente scegliere l’orario di ritiro più comodo per tornare a casa con una forma di pane caldo sotto il braccio.

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