Bolivia 2018: il racconto di un viaggio straordinario

Lo scorso ottobre sono stato alcuni giorni in Bolivia a insegnare la panificazione ai giovani del programma Youth Empowerment di Save the Children, sostenuto da Bvlgari. Ragazzi adolescenti vulnerabili, emarginati, che hanno avuto un’infanzia difficile e ai quali il progetto vuole fornire competenze sociali e professionali necessarie a costruirsi un futuro migliore.

È stato un viaggio incredibile che porterò sempre con me e che voglio raccontarvi qui con immagini e parole. Ecco il diario di viaggio di una delle esperienze più intense della mia vita.

Niko Romito

6 ottobre 2018
Poco prima che il sorga il sole atterro all’aeroporto di El Alto in Bolivia, a oltre 4000 metri di altezza. Mi aspetta un autista, un ragazzo locale di poche parole che mi sorride e mi dice che fuori fa molto freddo. Saliamo in macchina e comincia un breve viaggio in discesa, fatto di tornanti verso il centro della città di La Paz, dove si trova il mio albergo. Nel silenzio di questa mattina gelata guardo fuori dal finestrino e vedo scorrere le immagini di luoghi e persone che escono da una notte che per noi nasconde tanti segreti, ma che per la Paz e la sua gente è solo una delle tante.

Niko Romito. Field visit. Save the Children/Bulgari to La Paz. Bolivia. 10/2018 © david atlan/Bulgari/Save the Children

Dopo aver dormito qualche ora, mi sveglio per cominciare una giornata che vive tutti i giorni nei miei pensieri. Incontro il team di Save the Children e Bvlgari, che mi accolgono con un gran calore e l’immensa gioia di un’esperienza meravigliosa da condividere insieme. Erano già certi di quello che per me era solo un’idea, fatta di timori di non fare abbastanza e molta curiosità. Andiamo a pranzo al ristorante “la Terrazza” nel quartiere dei mercati di La Paz, dove mi aspettano i 22 ragazzi che fanno parte del progetto Youth Empowerment di Bvlgari; 3 di loro, arrivati alla fine del loro percorso, lavorano lì come cuochi. Ci sediamo tutti insieme, mangiamo e a turno mi raccontano con una disarmante sincerità e serenità il loro passato, la loro storia e i loro sogni per il futuro, tanto grandi quanto i segni del dolore degli abusi subiti.

Dopo pranzo visitiamo l’Hormigon Armado Center, un centro nel quale trascorro alcune ore con ragazze e ragazzi della scuola di Save the Children venuti da diverse parti della Bolivia e che, grazie al progetto di Bvlgari Youth Empowerment, hanno la possibilità di rendere concreto un nuovo futuro. Hanno tirato fuori ciotole, farine, uova, burro e tutto quello che c’era nelle vecchie credenze delle cucine del centro. Difficilmente ne ho viste di così piene di gioia. Mi raccontano e mi mostrano come fanno il pane e i biscotti. Mi parlano tutti insieme e, tra la confusione e l’entusiasmo mi ritrovo io allievo, incantato dall’incredibile percezione di essere parte di un momento importante, vero e unico.

Mi rendo conto subito di come la complicata semplicità di fare il pane stia contribuendo a cambiare la loro vita e farli crescere. Hanno imparato a volersi bene e avere cura di sé, a portare avanti un progetto di vita, e poi un lavoro come “fare il pane”, scoprendo che le competenze si acquisiscono con lo studio e la pazienza di fare prove, fino ad arrivare al risultato. Mettendo insieme i vari ingredienti imparano a dare un senso nuovo alla loro vita. Talenti che incontrano l’opportunità.

È così che una ragazza come Claudia, costretta fin da piccolissima a lavorare per aiutare la famiglia, unisce agli ingredienti del pane la tenacia e l’intelligenza di chi ora ha chiarissima la visione del proprio futuro imprenditoriale. Se oggi le chiedi se ha dei sogni ti parla di obiettivi, chiarissimi, e di modi altrettanto efficaci per perseguirli. Joselin, con occhi profondi e di rara dolcezza, che a 12 anni si occupava già da sola dei 2 fratelli più piccoli, ha la forza di chi davanti agli ostacoli va avanti, senza permettere a nulla e nessuno di fermarla. Betty, capoclasse fiera, mette in ogni cosa che fa ambizione, dedizione e soprattutto un grande senso di responsabilità. Bolivia non può mostrare il proprio volto per essere protetta da ciò che è ancora un pericolo nella sua vita, ma appena dice “Quando entro in cucina dimentico tutti i miei problemi, e penso solo a fare un prodotto di qualità” i suoi occhi si illuminano, come quelli di chi sa di essere finalmente nel posto giusto.

Concludiamo la nostra giornata all’Hormigon Aramdo Center con una divertentissima gara di cucina. Io sono un concorrente come loro, a cui viene assegnato un ingrediente locale per cucinare una ricetta. Ci dividiamo in gruppi e io ho la fortuna di avere due assistenti di eccezione, tra cui la capoclasse Betty. Venti minuti per presentare il nostro piatto. Non abbiamo vinto, ma abbiamo riso tantissimo. I miei biscotti al sesamo probabilmente non saranno mai serviti al Reale, ma se ci ripenso ora credo che non ne mangerò più di così buoni.

7 ottobre 2018
Mi sveglio molto presto insieme ai rumori della città di La Paz, che mi proiettano subito in una realtà molto lontana dal silenzio e dalla pace che circondano la mia casa a Castel di Sangro. Guardo fuori e, malgrado piova a dirotto, le donne con la tipica bombetta di feltro in testa e gli abiti locali siedono ai bordi della strada e vendono ortaggi e pane, incuranti del freddo, dell’acqua e dell’indifferenza della maggior parte dei passanti.

Penso ai ragazzi dell’Hormigon Armado e li immagino mentre assaggiano il pane appena sfornato. Alcuni sono tornati a tarda notte per infornarlo dopo la lievitazione. Spero gli piaccia: la loro ricetta prevedeva le uova, io invece gliele ho fatte togliere dall’impasto.

Comincia un’altra giornata in Bolivia.
Andiamo a visitare El Trono, un centro di detenzione minorile, l’unico di La Paz. Ci sono circa 90 ragazzi. Entriamo, ci accoglie una signora di mezza età con il volto segnato dalla fatica ma con il piglio risoluto di una donna consapevole che ogni mattina deve combattere una battaglia che non può perdere, altrimenti questi ragazzi tornano su strade che non perdonano nessuno, nemmeno i bambini. Non sapevo bene cosa aspettarmi, ma di certo non quello che ho visto varcando il primo cancello di ferro: sono adolescenti. Poco più che bambini, come quelli che a casa ogni mattina, vedo ridere e scherzare con lo zaino in spalla mentre vanno a scuola e organizzano la partita di pallone nel pomeriggio.

Siamo stati insieme qualche ora e divisi in gruppi ci hanno mostrato dei lavori fatti da loro. Il tema era materializzare un proprio sogno, qualcosa per cui andare oltre con la mente e la fantasia, qualcosa di grande. Ce li raccontano. Chi più schivo, chi più aperto, chi non alza mai lo sguardo, chi ti prende la mano, uniti dalla stessa voglia di riscatto. Sogni di macchine del tempo per tornare indietro e non rifare gli stessi errori e sogni di progetti che potrebbero aiutare la loro città a essere migliore, con l’aria più pulita e le strade più sicure. Cantano rappando le canzoni che loro stessi hanno scritto, chiedono scusa alla loro mamma, ringraziano questi uomini e donne meravigliosi di Save the Children che hanno dato loro una seconda chance, un’opportunità che non si lasceranno sfuggire. Andando via regalano a ognuno di noi un piccolo oggetto in pelle, completamente intarsiato a mano. Li ringrazio e Jesus, uno di loro, mi guarda e mi dice “Vogliamo che vi ricordiate di noi anche perché sappiamo fare cose belle”. Molti ce la faranno, ne sono certo.

Andiamo via dal centro di detenzione e pranziamo in un ristorante vegano, Namastè, interamente gestito dai ragazzi che hanno seguito tutto il percorso del programma di Youth Empowerment e che oggi sono inseriti nel mondo del lavoro. Appena arrivati, i giovani cuochi mi chiamano in cucina con loro e, con orgoglio, mi mostrano cosa mi stavano preparando da mangiare, mi mettono ai fornelli, mi chiedono consigli, suggerimenti per come migliorare alcune preparazioni e per come diventare un grande chef. Un ragazzo mi parla di cucina molecolare! Voleva capire, leggere, sapere di più…. Sorrido e provo a raccontare la mia esperienza. Un pranzo unico, fatto di sapori e profumi nuovi per me, pieno di tradizione e impegno. Indimenticabile la gioia e la determinazione negli occhi di quei ragazzi. Hanno raggiunto il traguardo più importante, hanno voltato una pagina buia e iniziato un capitolo completamente nuovo.

Niko Romito. Field visit. Save the Children/Bulgari to La Paz. Bolivia. 10/2018 © david atlan/Bulgari/Save the Children

Quando sono arrivato a La Paz con Bvlgari e Save the Children il mio pensiero era quello di poter portare ai ragazzi che avrei incontrato nel corso di panificazione tutta la mia esperienza di chef. Sono rientrato a casa con un bagaglio incredibile di insegnamenti, emozioni e sorrisi che questi ragazzi mi hanno regalato e la consapevolezza che gli operatori di Save the Children, che si occupano del programma grazie al supporto di Bvlgari, si prendono cura di loro con professionalità e passione.

Siamo storie diverse e apparentemente lontane, ma il pane e l’arte di saperlo fare ci unisce. Non so se io abbia insegnato qualcosa a loro, ma certamente loro hanno insegnato e dato molto a me.

Ph. credits © david atlan/Bulgari/Save the Children
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