Il Pane

All’inizio di dicembre sono stato a Copenhagen per il compleanno di un amico.
Una toccata e fuga, perché in questa fase della mia vita purtroppo ho solo ritagli di tempo libero: due cene, un pranzo e un veloce giro per negozi di arredo. Avevo una valigia minuscola e ho rinunciato agli acquisti per riportare a casa una forma di un pane che mi aveva particolarmente colpito.
Il pane era quello di Christian Puglisi (dei ristoranti Relæ, Manfreds e Bæst), un ottimo pane, sviluppato insieme a Chad Robertson di Tartine, a San Francisco: pasta leggera e contemporaneamente cremosa, acidula, crosta croccante piacevolmente tostata. Quello di Puglisi non è l’unico pane di cui mi sono innamorato (e diversi altri esempi sono in Italia), ma è il caso di folgorazione più recente. Mi era già capitato di far spazio nel mio bagaglio al pane (una volta a Roma ho dimenticato in un taxi due pagnotte di un tipo che stavamo provando per la colazione: ho cercato di recuperarle ma senza fortuna) e da molto tempo gli dedico grande spazio nel mio ristorante.

Questo spazio è destinato ad aumentare.

Nel periodo di chiusura Casadonna sarà un piccolo cantiere: da una parte stiamo costruendo nuove stanze, dall’altra appronteremo un nuovo laboratorio per il pane. Come ho scritto anche nel libro “10 Lezioni di Cucina” (Giunti Piattoforte, 2015), dove al pane è riservato un capitolo intero, panificare in ristorazione richiede una ricerca incessante, impegno e risorse: è indispensabile avere una linea dedicata, in caso contrario è meglio collaborare con un forno esterno di eccellente qualità. Noi avevamo già un laboratorio interno (che oltre a produrre pagnotte per il pranzo e la cena del Reale riforniva anche le colazioni di Casadonna), ma con la ristrutturazione lo spazio tecnico sarà incrementato e organizzato in maniera più razionale, con diversi banconi e celle frigorifere, il grande forno e le macchine per il fermo-lievitazione. Tutto questo servirà ad avvicinarci sempre di più a un prodotto che abbia “la dignità di una portata”.

Con la riapertura del Reale, dunque, l’accompagnamento al pasto cambierà un po’. Eravamo soliti servire su un piatto di legno fette di pane di due tipi: farina tipo 0 e patate, e farina tipo 2 di Solina (un antico grano coltivato ad alta quota sulle colline abruzzesi e sull’Appennino tra Abruzzo, Lazio, Umbria e Marche); c’era anche una focaccia di grano Saragolla (una vecchia varietà di duro coltivata dall’Abruzzo alla Sicilia); a colazione, invece, ogni tavolo riceveva una pagnotta intera di Perciasacchi (un’ulteriore vecchia varietà di duro, con una grande tradizione in Sicilia).

A partire da marzo, serviremo la pagnotta intera anche a pranzo e cena: a ogni tavolo una forma da 600-800gr (il peso ci permette di mantenere la proporzione ottimale tra crosta e mollica), tagliata in 6. La focaccia di Saragolla, molto umida e prodotta con una tecnica particolare (quasi una polenta, prima cotta e poi lievitata) continuerà a essere servita con il benvenuto, insieme alla sfoglia croccante e ai grissini.

Successivamente arriverà la pagnotta: un unico tipo di pane.
La pagnotta sarà servita tiepida: inforneremo 40-50’ prima del servizio. L’impasto sarà di patate e 50/50 farina di tenero tipo 0 e tipo 2 di Solina: stiamo spingendo sempre di più la fermentazione in modo da ottenere quella qualità di cremosa leggerezza, quasi di dissolvenza a contatto con la lingua, che ho così apprezzato nel pane di Puglisi. Aspetteremo qualche minuto prima di servire la portata in programma, in modo da lasciare il cliente da solo con il pane per un po’: non proprio “pane come portata” ma qualcosa di molto vicino. Ho provato questa esperienza al Reale già nel corso del cenone dello scorso 31 dicembre e mi pare abbia funzionato.

Penso che arriverò, prima o poi, a fare del pane una portata vera e propria del menu degustazione, e penso che anche i miei clienti siano pronti.
Può funzionare se il pane lo merita.

Il pane, nella sua semplicità, è complesso, completo e profondo. Può mettere a nudo un cuoco. Semplice eppure difficile da far bene.
Parlerò ancora di pane, di tecnica e di ricerca sulle farine.

A presto,
Niko

1 Commento

  1. Pierluigi

    21 Marzo 2016 - 15:29

    Nn so che evoluzione avrà il vostro pane ma per quel che mi riguarda (sono cuoco ma prima di tutto grande appassionato di questo mondo) quello che ho mangiato da voi ancora a distanza di quasi due anni è rimasto impresso nella mia memoria. Quando entro in discorso con amici lo definisco il miglior pane che io abbia mai mangiato.
    GRAZIE anche di questo.