Verza e patate

Verza e patate è uno degli ultimi nati del Reale. È entrato in carta quando abbiamo riaperto, dopo la pausa invernale, e l’ho presentato a marzo a Identità Golose. È il piatto che forse mi rappresenta meglio in questo momento: non sapevo bene come collocarlo e per ora l’ho inserito tra gli antipasti ma è davvero un secondo, un secondo 100% vegetale che, in quanto a struttura e sapore, può benissimo sostituire la carne o il pesce.

La verza è un ingrediente che ho sempre mangiato. In Abruzzo d’inverno la si consuma nella minestra con le patate e c’è un piatto tradizionale del nostro comprensorio, con quella pasta fatta di acqua e farina che chiamiamo “cazzarielli”, a base di fagioli e verza. Il gusto della verza, insomma, mi è sempre piaciuto. Ma l’idea per questo piatto specifico è nata lo scorso ottobre. Per la cena dello staff avevamo preparato una zuppa di verza con i fagioli e mi ricordo che proprio allora mi ha chiamato Massimo Bottura per invitarmi a cucinare al Refettorio Ambrosiano con Matt Orlando di Amass e Alex Atala del D.O.M. Conoscevo bene la filosofia di Refettorio, «l’unica cosa», mi ha detto Massimo, «se puoi portare tu dal ristorante gli avanzi perché arriverai tardi». Ho pensato a tutte le foglie esterne, quelle più dure e più coriacee, che di solito si buttano e da lì è nata la zuppa per il Refettorio che ho chiamato Cotiche, osso di prosciutto e verza (simile a una zuppa con i ceci, a base di brodo di prosciutto, che facevo nei primi mesi di Casadonna).

Avevo le foglie esterne di verza, ma volevo fare un piatto che avesse anche un significato gastronomico e dunque ho iniziato a provare la cottura al vapore, a temperature molto elevate, in modo da ammorbidire la cellulosa del vegetale. Così mi sono reso conto che le foglie della verza hanno una struttura straordinaria, e che anche anche l’“anima”, la costa da durissima diventava cremosa in bocca. Ho chiuso il piatto per il Refettorio, ma intanto erano nate delle idee e quando sono tornato da Milano ho cominciato a lavorare la verza con lo stesso approccio che avevo dedicato al carciofo e alla melanzana: volevo che diventasse ingrediente unico del piatto.

L’abbiamo tagliata a spicchi, abbiamo fatto degli involtini con la verza con dentro altra verza, tutte prove che già prima di assaggiarle sapevamo essere sbagliate, eppure ci davano altre idee. A un certo punto abbiamo provato a cuocere la verza intera, sempre al vapore: cuocevamo e assaggiavamo e abbiamo capito che con una cottura molto prolungata riuscivamo a ottenere una struttura che rimaneva croccante, e in cui si sentiva il gusto del vegetale, ma che si prestava a essere mangiata. Però era monocorde, sapeva di verza e finiva lì. Allora abbiamo pensato di affumicarla, e abbiamo fatto una brace. Intanto ho cominciato a pensare alla maturazione. Avevo da poco sperimentato con i funghi dell’Infuso speziato di funghi, che facevo maturare da cotti, sottovuoto, con dragoncello, rosmarino, timo, aglio, zucchero e sale: qualche giorno di questo trattamento e acquistavano sfumature gustative davvero interessanti.

Dopo averla arrostita abbiamo condito la verza con sale, vino e aceto, l’abbiamo avvolta nella carta argentata e l’abbiamo fatta maturare per qualche giorno. Poi l’abbiamo cotta al vapore, e per provarla l’abbiamo tagliata come se fosse un arrosto. Era buona ma mancava una salsa. Allora con le foglie esterne, usando il concetto della “base mandorla” (ovvero solo l’ingrediente in purezza, abbattuto – in questo caso dopo stufatura – e poi frullato), abbiamo creato una salsa. Eppure non c’eravamo ancora: all’assaggio mancava eleganza. Abbiamo provato ad aggiungere spezie alla crema ma non funzionava, avevamo bisogno di più freschezza in bocca, di profumo.

A questo punto abbiamo pensato di creare un distillato a base alcolica, e dopo varie prove ci siamo decisi per un distillato di anice stellato. Base alcolica quindi più freschezza al palato, e si avverte un profumo leggerissimo di anice; questo distillato è un “ingrediente invisibile”: se è presente e lo mangio percepisco eleganza ma non riconosco che è anice, mentre se non c’è ne sento la mancanza. Per finire avevamo bisogno di un qualcosa che legasse il vegetale. Allora, senza grandi ragionamenti ma collegandoci al passato, abbiamo provato la patata: abbiamo emulsionato patata e olio ma appena appena, per ottenere una consistenza leggera e morbida, una struttura che non invade, che non copre la struttura della verza, ma dà solo più umidità in bocca e un po’ di dolcezza. Perché – sembrerà strano – la verza, anche dopo la maturazione, la cottura al vapore e il distillato di anice, mantiene una forza incredibile che con la patata trova grandissimo equilibrio. Abbiamo chiuso con estratto di rosmarino perché, come nel caso del Carciofo e rosmarino, è un marcatore di sapore. A volte i vegetali estratti da aghi, molto resinosi, oltre ad avere una nota erbacea molto intensa sono in grado di esaltare la sapidità dell’ingrediente a cui si accompagnano.

L’abbiamo messa in carta, con il nome di Verza e patate, ma c’è voluta ancora qualche settimana per centrarla. Siamo partiti con una maturazione di soli 4 giorni e dopo un po’ abbiamo capito che ne servono circa 25. Quando si cuoce la verza le foglie tendono a separarsi, mentre maturando si compattano. Il “filetto” di verza rimane più impacchettato anche perché la verza è sotto trazione: è un espediente elementare, ma all’inizio non lo usavamo. Poi abbiamo cominciato ad avvolgere il vegetale in carta argentata a doppio foglio, molto stretta: cuoce e matura in questo modo. Macerazione e trazione fanno in modo che le foglie aderiscano bene le une alle altre. La maturazione, inoltre, determina un aumento di acidità e di complessità di gusto: prolungandola il sapore diventa meno di vegetale puro, e arriva ad assomigliare quasi a quello di un arrosto di carne, sfumato con del vino; addirittura si sprigiona un sentore come di aglio e di un qualcosa di dolce, come carota. Anche in sezione non sembra verza: sembra fibra animale. Se la portassi al tavolo senza dichiararla, i clienti penserebbero alla classica punta di petto di vitello arrosto con la salsina sopra – e invece è un piatto 100% vegetale. Un’ultima cosa: il passaggio di maturazione ci permette di estendere il periodo di servizio, poiché da quando la cuociamo a quando la serviamo passano 25 giorni. Sarà in carta al Reale fino a metà giugno circa.

Verza e patate: la parola al video che la racconta. Anzi, prima, una parola sul video. Molti anni fa Elisia Menduni si è imbarcata nella non facile missione di tradurre in film la mia cucina. L’ha fatto con coraggio, intelligenza e passione, inventando un alfabeto elegante, fortissimo e del tutto originale. Parleremo ancora di questi video, e in generale della difficoltà di tradurre il gusto in immagini in movimento. Ma ci tenevo a far brillare la luce su Elisia – che di questo video è la vera star. Insieme alla verza, ovviamente.

A presto,
Niko


Verza e patate